giovedì 28 aprile 2011

Laboratorio Drag King @ ATIR Milano 30 Aprile / 1 Maggio


Drag King: il laboratorio a Milano condotto da Julius Kaiser per diventare uomini

di Anna Novelli
“Uomini non si nasce, uomini si diventa” è il titolo del laboratorio Drag King che Julius Kaiser, figura di riferimento del “kinging” in Italia, condurrà a fine Aprile negli spazi del teatro Ringhiera di Milano.  Il laboratorio propone la pratica del travestitismo come “viaggio reversibile attraverso i generi” rivolgendosi ad un’utenza principalmente femminile. Ma cosa c’è dietro a tutto questo? Proviamo a scoprirlo ponendo qualche domanda direttamente a Julius Kaiser. 
 


Julius, com’è il mondo visto con gli occhi di un uomo? 
“Su questa provocazione i media mettono sempre l’accento. Oggi guardo il mondo con maggiore consapevolezza non perchè travestirmi da uomo comporti privilegi particolari e la sicurezza che ne deriva mi fa sentire più forte (questa semmai potrebbe essere la prima impressione nell’agire lo spazio sociale non più da donna ma da uomo), ma perchè con la pratica dell’attraversamento di genere che non è affatto imitazione, ho capito innanzitutto quanto l’ordine sociale si fonda su degli assunti che spaccia per naturali quando invece sono delle strategie per mantenere una gerarchia ben precisa. Ci sottopongono a lavaggio del cervello dalla nascità su ciò che dobbiamo essere in base a come il nostro corpo è connotato. Questa impostazione è indubbiamente efficace se lo scopo è la conservazione di uno stato di controllo: nel frammentare la società, classificando le persone e i loro corpi, si definiscono gerarchie e rapporti di potere ben precisi come la subordinazione delle donne rispetto agli uomini, e la pericolosità sociale di ciò che è deviante rispetto alla norma, come ad esempio i corpi transgender.


Cos’è un Drag King? o forse dovrei dire una Drag King?
“Innanzitutto impariamo a declinare il termine Drag King al maschile. Sono daccordo con Judith Halberstam che sostiene che la maschilità non è prerogativa del corpo dei maschi (Female Masculinity, 1998) come la società impone riducendo qualsiasi forma di maschilità femminile a una deviazione e comunque secondaria. Declinare il termine Drag King al femminile a mio avviso significa riconoscere la maschilità maschile come la sola autentica. E’ ciò che viene recepito dal pubblico che si sente rassicurato del fatto che si tratti solo di una finzione teatrale. Analogamente avviene con il termine transessuale puntualmente declinato con il sesso biologico di partenza sebbene sia evidente una incoerenza con il suo aspetto non rispettando l'identità di genere del soggetto (ad esempio una persona nata in un corpo di maschio che intraprende il percorso di riattribuzione sessuale verso il femminile è una transessuale! E non un  transessuale come quasi sempre sui giornali e tv avviene)
Il semplice uso improprio da parte dei media e della gente comune di un articolo determinativo in questo caso ha una portata devastante in quanto rifiuta negandola la possibilità di un soggetto di determinare il suo corpo e quindi il suo genere coerentemente con la percezione che ha di sè. Ecco, sembra impossibile parlare di Drag King senza fare riferimemento a concetti profondi che sono oggetto di studi filosofici in ambito accademico a partire dalla fine dello scorso secolo come la teoria Queer e riconoscono in Judith Butler una delle più autorevoli esponenti.  Torniamo dunque alla tua domanda. La classica definizione di Drag King è:  “persona di genere tendenzialmente femminile che indossa panni maschili per spettacolo”  ma a differenza dell’attrice di teatro che deve proporre una imitazione perfetta dell’uomo per interpretare un ruolo maschile, il drag king invece indica proprio la maschilità come espressione forma teatrale e la ridicolizza durante le sue performance spesso grottesche ed ironiche con l’obiettivo di smascherarla. Ma il kinging si sta evolvendo spendendosi anche in altri ambiti che non sono solo il cabaret e gli show burlesque.  Per approssimazione però possiamo dire che il Drag King è speculare alla Drag Queen (quello che la Drag Queen nasconde il Drag King evidenzia e viceversa) anche se non gode della stessa popolarità, soprattutto in Italia dove il fenomeno tende a manifestarsi a fasi alterne.


Da cosa dipende questa poca visibilità in Italia? 
“Da noi il fenomeno è relativamente recente e si sviluppa con almeno 15 anni di ritardo rispetto agli Stati Uniti. Dal 2006 si registra la presenza in Italia di collettivi che propongono performance Drag King sotto forma di spettacoli nei vari circuiti sociali e culturali della comunità queer. Nel 2008 organizzai il primo festival internazionale a Roma, il Kings’ Village che vide la prnesenza di Drag King provenienti da diversi continenti. Ma ancora i Drag King qui si contano sulla punta delle dita. In questi 5 anni i media nazionali si sono occupati di noi spesso con un taglio morboso. Sicuramente sono molteplici i motivi. Come accennavo prima alla base di queste espressioni ci sono idee ritenute sovversive che vengono  guardate con diffidenza o depotenziate attraverso la ridicolizzazione come quasi ogni contenuto che possa stimolare la minima riflessione delle persone (in televisione). Ma è anche vero che dipende molto da come si decide di veicolare i propri contenuti.  Mi riferisco alla qualità della performance ma anche al tipo di pubblico. Insomma fino ad oggi chi ha intrapreso il percorso Drag King quasi sempre partiva innanzitutto da una motivazione personale senza magari avere alle spalle gli strumenti per esprimersi in una forma artistica. Oggi è una compagnia di teatro con attrici professioniste a voler intraprendere questo percorso ed è chiaro che potrebbe nascere qualcosa di estremamente interessante.

Hai ottenuto riconoscimenti istituzionali anche importanti, un premio a Venezia. Sono questi gli ambiti di cui parlavi prima in cui si sta affermando il kinging? 
Non ho ottenuto, ma abbiamo ottenuto: questo è stato possibile grazie all’incontro con l’artista concettuale, live artist Kyrahm che mi ha proposto di sperimentare il linguaggio della performance art. In questo modo la ricerca sul genere che avevo intrapreso si è intrecciata con la sua ricerca artistica più ampia e abbiamo dato vita a performance nei contesti dell’arte ufficiale (musei, gallerie e festival internazionali). L’opera che meglio sintetizza il nostro incontro è "Human Installation I: Obsolescenza del Genere" una installazione umana che parla di corpi, di autodeterminazione e di attraversamenti di genere (vincitrice Premio Arte Laguna sezione performance 2009 e inserita nell'opera Trittico: Human Installation II III I  di Kyrahm vincitrice del voto online del Celeste Prize International 2010) dove la trasformazione da donna a uomo sulla scena è compiuta con sacralità priva di qualsiasi caratterizzazione.


Il bel documentario di Valentina Pedicini “Mio sovversivo amore” finisce con una sequenza molto intensa in cui si capisce che si tratta di una performance ripresa dal vivo. Ce ne parli? 
“Si tratta di Accudirsi ripresa durante la mostra d’arte contemporanea Il Filo D’Arianna curata da Marco Testa nel Gennaio del 2009 presso la Torre di Prendiparte a Bologna. E’ un’azione estremamente intima tra Kyrahm e me che oltre a collaborare artisicamente siamo una coppia nella vita. Qui ci prendiamo cura l’una dell’altra attraverso un’azione che compiamo ciclicamente. La scelta da parte di Valentina di inserire nel suo film la sequenza della performance ripresa live durante la mostra dove lentamente si scorge il pubblico presente, è fondamentale perchè con poche inquadrature racconta la nostra storia privata e pubblica di amanti e artiste sottolineando il significato di live art.  Questo dimostra la grande attenzione e sensibilità della giovane regista che infatti, non a caso, è stata selezionata presso moltissimi festival internazionali di cinema documentario indipendente e con il suo ultimo lavoro (il suo primo lungometraggio) è stata finalista al David di Donatello.


Tornando al laboratorio, cosa accadrà in questi due giorni? Ti occuperai anche di  performance  art? 
“Oonestamente dovrebbe parlare Kyrahm di body art, performance art e live art. Il workshop di Milano si limita al Drag King. Qui il lavoro sulla mimesi maschile è centrale. Il kinging non si esaurisce in questo, ma è da questo esercizio che parto. Per alcune ragazze già naturalmente dotate di una fisicità più mascolina  basta un capello corto e una camminata meno impostata perchè si venga scambiati per uomini (e magari ripresi se in un bagno pubblico si è imboccata la porta delle signore). Per altre il processo può essere più impegnativo. Prima di metter mano ai “trucchi del mestiere” sarà necessario raggiungere uno stato mentale “neutro” attraverso la consapevolezza dei meccanismi di codifica/decodifica dei codici di genere che attiviamo automaticamente. Solo successivamente impararemo a farci la barba !
Il laboratorio vuole essere principalmente un’occasione di riflessione lanciando stimoli per un ricerca introspettiva che ciscuno deciderà se cogliere.


“Quando una tua/vostra prossima performance?”
Kyrahm ed io saremo presso il museo di Nocciano alla fine di Maggio nell’ambito della rassegna dal titolo “Corpo”.   Sui nostri spazi per chi vuole seguirci, troverà tutte le informazioni ( HYPERLINK "http://www.juliuskaiser.blogspot.com/" \t "_blank" www.juliuskaiser.blogspot.com  e  HYPERLINK "http://www.kyrahm.blogspot.com" www.kyrahm.blogspot.com)




Per chi volesse iscriversi al laboratorio può mettersi in contatto con 
humaninstallations[at]gmail.com






http://culturaalternativa.blog.espresso.repubblica.it/cultura-alternativa/2011/04/drag-king-il-laboratorio-a-milano-condotto-da-julius-kaiser-per-diventare-uomini-.html

http://www.qualeteatro.com/drag-king-il-laboratorio-a-milano-condotto-da-julius-kaiser/s13bfee8369a9484183f3370562fa2ba0/


http://artcafe.deagostinipassion.com/it/community/blog/drag-king-il-laboratorio-Milano-condotto-da-Julius-Kaiser-diventare-uomini_632252

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